Non procurare la morte del paziente. Una dichiarazione congiunta per la tutela della vita.

Rappresentanti delle religioni monoteiste abramitiche - Cristianesimo, Ebraismo e Islam - hanno firmato stamani in Vaticano una Dichiarazione Congiunta sul fine vita, ribadendo il no ad eutanasia e suicidio assistito e, allo stesso tempo, l’impegno a difendere la vita anche in prossimità della morte

La Dichiarazione, un passo importante nella cultura dell’incontro

Monsignor Paglia sottolinea anche l’importanza della dimensione ecumenica ed interreligiosa di questo evento che ha consentito di scoprire aree di convergenza e portare frutti di comunione per rendere un servizio a tutti gli uomini nei quali “noi tutti vediamo figli e figlie di Dio”, afferma, e così possiamo riconoscerci sempre di più fratelli. “Oggi celebriamo quindi anche un passo importante verso la costruzione di quella cultura dell’incontro che Papa Francesco ci ha insegnato” a praticare, rimarca, richiamandosi, in questo senso, proprio al Documento sulla fratellanza umana di Abu Dhabi e ad un dialogo che non sia un singolo atto, ma una virtù, un orientamento “stabilmente coltivato”.

Non rinunciare a solidarietà

Si devono “disinnescare le scorciatoie che porterebbero a rinunciare a quella solidarietà in cui solo è possibile far fronte alla sofferenza e al limite che la morte rappresenta”, prosegue il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, sottolineando ancora come sia un evento di grande rilievo che le religioni abramitiche trovino un’intesa per esprimere in modo condiviso il loro impegno: “una base così ampia, che nel complesso coinvolge una non piccola parte dell’intera umanità (alcuni miliardi di persone!)”, potrà fornire un contributo di peso non solo teorico ma anche pratico “attraverso le relazioni vissute nelle comunità credenti”.

Presenti nella sfera pubblica coinvolgendo persone di buona volontà

Si tratta, ora, di proseguire il cammino. Anzitutto di far conoscere i contenuti della Dichiarazione ma anche coinvolgere altri in questa dinamica di collaborazione nelle diverse comunità religiose. E, anche di più. Bisogna “allargare il raggio della nostra comunicazione”, esorta, allargandolo a soggetti sensibili a questo messaggio, facendosi “lievito nelle società in cui le nostre comunità vivono” e rivolgendosi agli uomini di buona volontà. Per questo monsignor Paglia invita ad “essere presenti nella sfera pubblica elaborando discorsi che possano essere compresi anche da chi si avvale di diverse categorie di interpretazione del mondo e della vita umana, ma che ha ugualmente a cuore la dignità degli esseri umani”. In questo senso, come incoraggia anche la Dichiarazione, bisogna avviare una mediazione comunicativa.

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