Chiamato ad essere vescovo di Roma, per presiedere nella carità, quale primo tra i pari perché «Il primato del vescovo di Roma non equivale per nulla a quello di un vescovo posto al di sopra dei vescovi. Proviene dal privilegio di una chiesa locale, quella di Roma. E prima di essere quello di esercitare un potere giuridico sulle altre chiese, questo privilegio è quello di un dovere: testimoniare la fede confessata da Pietro e Paolo. Privilegio di servizio […]»[1].
la collocazione più autentica del Primato è quella di un servizio all’unità della Chiesa: Cefa, Pietro, non può essere la pietra della divisione ma, la roccia sulla quale possa costruirsi la vera comunione, fatta di reciproca accoglienza e di dialogo profondo.
La fondazione biblica del ministero petrino solleva non poche difficoltà di carattere esegetico e storico. Il nostro punto di partenza è sicuramente il soprannome che Gesù affida a Simone il figlio di Giona: Kepha. L’evento non può essere immediatamente contestato, né tantomeno si può dubitare da un punto di vista storico. È importante ricordare che «nel mondo di allora […] i nomi non erano un semplice flatus vocis, ma esprimevano un compito e una posizione. La pietra è considerata un simbolo di solidità e di stabilità, essa offre un sostegno e un rifugio. Questo è il compito fondamentale di Pietro»[2]. Il pescatore di Galilea è il portavoce dei Dodici, è il primo a riconoscere che Gesù è il Messia e il Cristo (Mc 8,29; Mt 16,16; Lc 9,20; Gv 6,68s.), inoltre è il primo e originario testimone della risurrezione
«Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.» (1 Cor 15, 4-5). Egli con la sua testimonianza diventa davvero la roccia su cui è possibile costruire e diviene un punto autorevole per confermare la fede degli altri (Lc 22, 32).
Perciò quando Gesù afferma «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa» (Mt 16, 18), seppur non necessariamente e direttamente attribuibili al Gesù terreno, non sono una semplice licenza compositiva dell’Evangelista, ma «risale a tradizioni più antiche, tradizioni risalenti a loro volta in ultima analisi al conferimento del nome da parte di Gesù e all’apparizione del Risorto a Pietro» e conservate nel canone biblico.
Negli Atti degli Apostoli, Pietro è presentato a capo degli undici, reintegra il gruppo degli apostoli, e formula il Kerygma. Inoltre, egli è posto come guida della prima comunità; insieme ai dodici si preoccupa della distribuzione e dell’amministrazione dei beni che venivano messi a disposizione della comunità. Unitamente al gruppo dei dodici favorisce l’elezione dei sette diaconi che vengono istituiti mediante l’imposizione delle mani degli apostoli. Pietro, nell’opera di Luca «viene presentato come il testimone oculare e servitore della Parola […] garantisce la tradizione cristiana […] è incaricato della guida della Chiesa e deve farsi continuamente guidare dallo Spirito, che effonde il risorto. Inaugurando la missione ai giudei ed ai gentili ha posto le basi del cammino della Parola di Dio, della storia della Chiesa»[3].
L’esercizio del Vescovo di Roma, è legato a gravi compiti relativi non solo alla Chiesa ma anche al mondo; Egli deve sempre mostrarsi sollecito a promuovere e a vivere l’unità e l’integrità della fede, la sinodalità e la collegialità episcopale. Con lo stesso grado di premura egli deve sempre impegnarsi in ambito ecumenico e nel dialogo interreligioso. Il primato della Sede Romana è un grande dono di Cristo alla sua Chiesa, nonostante ci siano stati periodi oscuri. Consapevole di questa missione ripercorriamo alcune tappe ecumeniche ed interreligiose del pontificato di Francesco:
- una settimana dopo il conclave, il 20 marzo, Francesco abbraccia in Vaticano Bartolomeo chiamandolo “Andrea” e annuncia ai rappresentanti delle Chiese cristiane e di altre religioni, «la ferma volontà di proseguire nel cammino del dialogo ecumenico» sulla scia dei predecessori.
- Il 29 novembre 2014, nella chiesa di san Giorgio a Istanbul Francesco afferma «Incontrarci, guardare il volto l’uno dell’altro, scambiare l’abbraccio di pace, pregare l’uno per l’altro sono dimensioni essenziali di quel cammino verso il ristabilimento della piena comunione».
- Quello di Francesco è un ecumenismo quotidiano, capace di parlare attraverso gesti concreti.
- La visita al pastore valdese Giovanni Traettino (2014) e la visita alla chiesa valdese di Torino (2015) segnano una nuova primavera ecumenica che profuma di «diversità riconciliata».
- Febbraio 2016, a Cuba, Francesco abbraccia Kirill e la Chiesa di Mosca superando le vecchie ferite della divisione, firmano una dichiarazione congiunta su temi delicati come la famiglia, il matrimonio e la condizione dei cristiani perseguitati.
- il 31 ottobre 2016 è nella cattedrale luterana di Lund, in Svezia per la commemorazione della Riforma.
- In occasione del 70.mo anniversario della fondazione del Consiglio ecumenico delle Chiese, si reca a Ginevra quale pellegrino in cerca di unità e di pace.
- 7 luglio 2018 a Bari, incontra i capi delle chiese e delle comunità cristiane del Medio Oriente.
- Febbraio 2019, durante il viaggio apostolico negli Emirati Arabi, firma con il Grande Imam di Al-Azhar, il Documento sulla Fratellanza Umana, per la pace mondiale e la convivenza comune. Da ricordare è anche il viaggio apostolico in Marocco.
- 2020, mentre il mondo iniziava a fare i conti con l’epidemia causata dal COVID-19, promuove momenti di preghiera condivisi come la recita del Padre nostro il 25 marzo. Il 20 ottobre, al Campidoglio, insieme agli altri rappresentanti delle confessioni religiose partecipa all’incontro per la pace, nello spirito di Assisi, promosso dalla Comunità di S. Egidio.
- Una settimana fa, lo storico viaggio in Iraq.
FT
[1] J. M. R. Tillard, Il vescovo di Roma, 133.
[2] W. Kasper, Chiesa cattolica. Essenza – realtà – missione, BTC 157, Queriniana, Brescia 2012, 394.
[3] Ivi, 395.